E li chiamano disabili

Storie di vite difficili coraggiose stupende

A destra i titoli dei capitoli del libro con i links ai protagonisti delle storie.

Dalla Prefazione di Walter Veltroni

Sedici storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio della non-rassegnazione.

“Penso talvolta che i veri limiti esistono in chi ci guarda.”
(Simona Atzoriballerina, pittrice, nata senza braccia )

Scrive Cannavò: < … Gli incontri di questo libro sono foglie sparse dovunque. Le ho raccolte viaggiando: treni, aerei, scorribande in auto, come un rappresentante di commercio. Non bastava conoscere le vicende e i protagonisti: bisognava condividere un pezzetto di vita, anche con famiglie, amici, volontari, istituzioni di un’Italia tutta da scoprire. Ne ho ricavato lezioni che mai avrei potuto immaginare. E poi, il piacere della scoperta, il sapore di nuove amicizie e persino l’odore di quella sorta di magia che si sviluppa nell’anima di chi soffe di un handicap: è un misto di intuito, di volontà, di fede, di fermezza, di sensibilità. Dinamite pura. Gli ostacoli crollano.
Noi cosiddetti "normali" ne aprendiamo atto con una meraviglia non priva di rimorsi. I diritti di un disabile non contemplano la pietà, la commiserazione, la solidarietà proclamata: robaccia. "Metteteci in condizione di vivere, di confrontarci alla pari, di offrire le nostre risorse alla società." E allora la logora tematica antica si capovolge. "Noi disabili siamo una risorsa".
Tra una storia e l’altra, nel contenitore dei miei sentimenti sono affluiti tesori di umanità. Io non so quanto valgano le pagine che ho scritto, ma so benissimo cosa rappresentano per la mia vita lo scrittore Claudio, la danzatrice e pittrice Simona, lo scienziato Fulvio, lo scultore Felice, la manager Ileana, il chirurgo Paolo, l’africanista Cesare, il navigatore Andrea, l’olimpionico Luca, il ppà dei distrofici Rossano, la scrittrice Maria che mi ha guidato in una notte da cieco, il regista Mirko, il pilota Alessandro, il giornalista Franco, le tante altre persone che ho incontrato, compreso Andrea Pontiggia, giovane colto e dolcissimo che ispirò il capolavoro di realismo letterario e umano (Nati due volte) del padre Giuseppe, diffuso in ogni parte del mondo. E so pure che non avrei scambiato con una "prima" alla Scala la serata romana vissuta in un teatro di periferia con i "Ladri di carrozzelle".
Il libro appartiene a loro, a tutta questa gente capace di trasformare la sventura in una sfida gioiosa e consapevole. Mi viene il sospetto di aver forzato l’impegno, di aver cercato tra i disabili i campioni capaci di un’impresa provocatoria. Non mi sento di escludere il peccato. Di certo, il pensiero si rivolge anche alla moltitudine che, lontana da ogni clamore, realizza l’impresa più grande: quella di vivere dignitosamente, giorno dopo giorno >.

< Candido Cannavò appartiene a quella generazione di giornalisti che sanno cogliere, in ogni aspetto, in ogni zona della materia sulla quale intendono scrivere, la profondità e la densità dei sentimenti, delle emozioni, di quei valori che muovono il nostro animo come il venti increspa le onde dell’acqua.
Candido Cannavò sa raccontare, sa usare la parola e la frase con una musicalità da incantatore. […]

Assieme alle motivazioni che lo hanno spinto a scrivere questo libro, troverete quella capacità di incuriosire, di affascinare noi lettori, di prenderci sottobraccio e convincerci, in poche righe, a compiere con lui il viaggio dentro la storia che ci sta per raccontare.
Ed è, questo viaggio, una storia nobile.
Nobile perché non solo nasce da una consapevolezza dolorosa, ma perché questa consapevolezza è vissuta attraverso un prezioso ribaltamento, quello per cui l’esplorazione del mondo dei disabili non deve essere vissuta attraverso lo stereotipo di un viaggio nel dolore e nell’angoscia, ma che questo andare può trasformarsi in un’esplorazione alla ricerca della bellezza e della forza vitale espressa dal mondo dei diversamente abili. […]

La forza etica delle storie raccontate da Cannavò sta proprio nella considerazione della diversità fatta senza pietismo, affrontata con quella franchezza e quella civiltà che rendono intenso e profondo il mestiere di scrivere.
Perché i personaggi, le storie, le parole di questo libro ci impongono il rispetto e l’attenzione verso chi, da una posizione differente e svantaggiata, ci dimostra di essere in grado di insegnarci volontà e forza vitale, quella forza che è in tutto e per tutto una risorsa preziosa per la nostra società, per la nostra consapevolezza di esser umani. >

In Appendice: I campioni di mezzo secolo di Paralimpiadi, a cura di Claudio Arrigoni.

NOTE BIOGRAFICHE
Candido Cannavò è nato a Catania nel 1930. Ha iniziato la sua carriera di giornalista presso il quotidiano della sua città “La Sicilia” nel 1949, occupandosi di sport ma anche di importanti problemi sociali e di costume. Il suo nome è strettamente intrecciato a quello della “Gazzetta dello Sport”, di cui è stato direttore dal 1983 al 2002, facendola diventare il più diffuso quotidiano sportivo d’Europa. Nel luglio del 2005 ha festeggiato il 50° anniversario della sua prima firma sul giornale per il quale ha seguito i maggiori avvenimenti sportivi mondiali e dieci Olimpiadi. Nel 1996, durante i Giochi di Atlanta, il Cio gli ha conferito l’ordine olimpico. Nel 1998 ha ricevuto il prestigioso Premio Ischia per il giornalismo. Il suo primo libro, il best seller Una vita in rosa, ha ottenuto nel 2003 il Premio Cianciano, sezione autobiografia, e il secondo, Libertà dietro le sbarre, nel 2004 ha ricevuto un riconoscimento speciale nell’ambito del premio letterario e giornalistico Ernest Hemingway. Cannavò si è spento a Milano il 22 febbraio 2009.