Ho un problema di udito ma non sono sorda
Navigando in rete mi sono imbattuta in questo sito e leggendo le storie di chi vive una forma di sordità dalla nascita, espressione che anch’io apprezzo molto di più del classico "sordo" perché è proprio vero che ci sono diversissime realtà, mi è venuta voglia di portare la mia testimonianza anche se penso che finché non si provano sulla propria pelle certe esperienze, si può solo immaginarle, immedesimarsi, ma mai comprendere appieno. Non riesco a identificarmi nelle storie presenti nel sito ma posso dire di aver vissuto qualcosa di ognuna delle esperienze raccontate.
All’età di un anno – un anno e mezzo circa, mi è stata diagnosticata la sordità in un orecchio mentre nell’altro ho un residuo uditivo. Ovviamente io non ricordo nulla e non ho mai trovato il "coraggio" di vincere l’imbarazzo e chiedere meglio ai miei genitori. Ho capito solo che la causa non è molto chiara. Si tratta di una sordità neurosensoriale bilaterale, forse congenita o forse acquisita a seguito della varicella o di un’altra forma virale. Utilizzo un apparecchio acustico retroauricolare digitale, non conosco la lingua dei segni e credo di parlare molto bene, considerato che difficilmente le persone che mi incontrano e non mi conoscono scoprono della mia sordità a meno che non glielo venga detto espressamente. Ciò non toglie che qualcuno possa essersene accorto e che per educazione abbia fatto finta di niente!
La mia vita si barcamena sempre tra persone “udenti”: amici, parrocchia (sono educatrice insieme ad altri ragazzi), famiglia, palestra, università ed altri ambiti.
Ho scoperto di recente grazie a Internet che in realtà ci sono tanti “sordi”, tanti ragazzi "con sordità", ma dove vivo io non conosco quasi nessuno con una situazione simile, per cui da parte mia la questione della sordità è sempre stata vissuta come qualcosa da nascondere ma non tanto per la vergogna (anzi, grazie alla fede credo sia più facile da accettare), ma perché credo che alla fine vada vista come un portare un paio di occhiali un po’ spessi, una cosa un po’ insolita. Certo, una protesi è molto meno estetica e non è di moda come possono esserlo gli occhiali. Probabilmente gli occhiali non danno una vista diversa mentre per quanto un apparecchio possa essere tecnologicamente avanzato non ti restituirà mai l’udito in tutta la sua pienezza, ampiezza e profondità.
Ci tengo anche a dire che questo incontro "virtuale" con la "comunità sorda" e la presa di coscienza durante l’estate scorsa dell’esistenza di altri ragazzi "con sordità", da un lato ha fatto sì che non vedessi più la mia situazione come qualcosa di un po’ strano e inusuale, dall’altro lato però mantengo un distacco dalla cosiddetta "identità sorda" perché non mi sento totalmente parte di quel mondo.
Fino alla scorsa estate non pensavo a me come ad una “persona con sordità” e non mi ero mai posta la questione di far parte o meno del "mondo degli udenti". Ora, se dovessi dare una risposta alla domanda < a quale mondo appartieni?>, direi che mi trovo "borderline", in una situazione di confine: quando ho l’apparecchio, cioè tutta la giornata, eccetto quando dormo o mi faccio la doccia, mi sento "udente"; quando non lo indosso invece, non sento praticamente nulla, quindi è chiaro che lì vivo la dimensione della sordità.
Mi sento "udente" perché inconsciamente mi comporto come se tutti sentissero come me. Fino a poco tempo fa non pensavo che magari l’attenzione che io devo dare quando un professore spiega è maggiore di quella degli altri, o che se una persona parla nelle vicinanze, gli altri lo percepiscono chiaramente mentre io perdo pezzi del discorso. Ora invece ci faccio molto più caso e molto più spesso rispetto a prima mi trovo a pensare "ecco, qui entra in gioco la mia sordità". Tuttavia se uno mi chiedesse < ma in sostanza, sei sorda oppure no? >, io risponderei < No, ho un problema di udito ma non sono sorda >, proprio perché vedo che la mia vita è assolutamente normale, anche se non posso sentire in modo chiaro alla radio o alla televisione, o se perdo pezzi di discorsi quando sono in macchina. Al telefono però ci sento benissimo! Eccetto quando c’è molta confusione!
Sono al terzo anno di Giurisprudenza e per ora sono in pari con gli esami ed ho anche un’ottima media. Ho frequentato il liceo scientifico PNI e nel corso della carriera scolastica non ho mai avuto sostegni di nessun tipo. Certo, le maestre e i professori delle medie erano a conoscenza della mia situazione, ma al Liceo credo non fossero stati informati. Soltanto quando in prima superiore abbiamo fatto un corso di piscina è venuto fuori il mio problema – almeno così mi ha raccontato mia madre quando è andata a colloquio dalla professoressa, dicendomi che in tutti quei mesi non se ne era mai accorta.
Il mio percorso di crescita attraverso la sordità è stato un po’ altalenante, per il fatto che oscillavo tra fasi in cui "rifiutavo" questa mia caratteristica, per cui magari non chiedevo, se non capivo bene, ma facevo finta di niente, oppure mi vergognavo a parlarne e cercavo di nasconderla per sembrare "normale". Passavo però altri momenti in cui, dopo alcune esperienze, mi rendevo conto che il fatto di avere problemi di udito non fosse dipeso da me, non fosse stata una mia scelta, come se fosse un aspetto del carattere, che invece puoi cambiare, per cui non potevo e non dovevo vergognarmene, ma anzi si trattava di un qualcosa che era un tutt’uno con la mia persona, in un certo senso qualcosa che faceva di me chi ero, tanto quanto essere bionda o mora. Ora vivo positivamente tutto quello che mi è successo, anche se questo non significa che vada all’università con i capelli raccolti, anzi, per la maggior parte della mia giornata ho i capelli sciolti, eccetto in palestra. Che si stupiscano pure se vedono un apparecchio acustico indossato da una persona che non è un anziano, è un problema loro! Il motivo è semplicemente quello di far sì che le persone che incontro, di primo impatto mi vedano normale, perché è così che mi sento, normale; se il primo incontro con una persona che non mi conosce avvenisse quando ho i capelli raccolti penso che mi considererebbe una "poverina", come una che chissà su quale pianeta vive; inoltre credo che per chi invece mi conosce e sa del mio problema di udito, non vedere l’apparecchio aiuti a "dimenticarselo", e ad approcciarsi a me normalmente. Magari è una mia convinzione sbagliata, perché è chiaro che non posso entrare nei pensieri dell’altra persona, ma nel dubbio, per ora mi comporto così.
Mi è capitato che delle persone mostrassero stima nei miei confronti, senza dire espressamente perché, ma implicitamente sottintendendo che fosse qualcosa di straordinario e da persona forte andare bene a scuola o all’università o altro; sono apprezzamenti che per certi aspetti possono fare piacere, ma per altri versi un po’ mi infastidiscono, perché io non penso che avere problemi di sordità sia qualcosa di molto particolare, in realtà credo si tratti semplicemente di non sentire o non sentire bene, e solo perché siamo in minoranza non dovrebbe significare essere persone "particolari", sfortunate e che quindi è ammirevole che facciano quello che tutti fanno. Io mi chiedo : < scusa ma cosa avrei dovuto fare? > < dire che sono un po’ sordae quindi a scuola faccio il minimo sufficiente? > oppure < mi segrego in casa e mi precludo determinate esperienze? >
Credo invece che dev’essere normale comportarsi come tutti, non come chissà quale atto di coraggio. Questo non significa che non ci siano barriere della comunicazione da abbattere, anzi, vuole proprio far conoscere e riconoscere la normalità di una vita "alternativa". E’ chiaro che probabilmente la mia veduta non sarà condivisa da chi è profondamente sordo, ed è una veduta che è tale, proprio in virtù della mia situazione.
Dal punto di vista delle relazioni, so che ho fatto e farò i classici incontri con gente ignorante, insensibile, e farò e continuerò a fare gaffes e figure del genere, ma ho intorno a me persone che sono andate e vanno oltre, guardando la persona che sono, e non quello che non sono. A dire il vero credo sia molto più difficile trovare la sensibilità e maturità nei ragazzi, ma spero davvero un giorno di poter incontrare anche io, come altri ragazzi che hanno riportato le testimonianze nel sito, quello che fa per me! La mia condizione mi porta ad avere molte più incertezze sul mio futuro lavorativo di quante ne possa avere un altro ragazzo della mia età, in particolar modo per il fatto che sono consapevole di aver scelto un campo di lavoro in cui il senso dell’udito è molto più utilizzato rispetto ad altre professioni, però è questo quel che mi piace studiare e mi interessa, "chi vivrà vedrà".
In conclusione, sono consapevole che alcune cose del mondo "udente" io le perdo e l’elenco non è infatti corto, però se mi chiedessero di rinunciare alla mia vita di ora per ricominciarne un’altra da udente, come se dovessi scegliere tra A e B, probabilmente all’inizio sceglierei B solo per curiosità, per vedere fin dove arriva realmente l’udito umano e solo se vi fosse la possibilità di una definitiva scelta, solo dopo aver sperimentato entrambe, in ogni caso sceglierei A, la vita che ho ora, e in nessun caso rinuncerei a qualcosa di quello che ho di bello nella mia vita per poter vivere una vita da "udente", proprio perché la mia vita è come quella di tanti altri, normalissima!
Credo che nessuno possa dire di essere al 100% "abile". Io ho dovuto affrontare la sordità, ma qualcun altro vivrà situazioni famigliari difficili o sperimenterà la perdita di cari, oppure semplicemente farà fatica ad arrivare al diploma o si perderà nel corso dell’università e si potrebbe continuare così per molto.
Qual è il limite per cui una persona è "disabile", le manca qualcosa mentre gli altri sono "normali"? Secondo me questo limite non c’è, ma c’è semplicemente la diversità, per tutti.