…  E l’anima?
di Hedwig Carra
Collana “Parla una donna” – Editrice Nuovi Autori, 1999, Milano

Hedwig non sentiva già da un paio d’anni dall’orecchio destro mentre dall’altro orecchio sentiva benissimo. La sordità dipendeva da una lesione al nervo acustico dovuta ad un neurinoma per il quale aveva già subito un intervento chirurgico. All’età di vent’anni, una notte, improvvisamente, non sente più neanche dall’orecchio sinistro …. A distanza di cinque anni, di un tempo trascorso in ore disperate, poi di rassegnazione, infine di reazione e di riscatto, ha messo sulla carta il tormento della sua esperienza ma anche il conforto della vittoria sull’angoscia. “… E l’anima?” é una testimonianza che ci permette di  entrare anche nell’universo di chi perde l’udito “da grande” e sentire direttamente dalla voce della protagonista le grandi e piccole difficoltà che ha dovuto affrontare prima di tornare a credere in se stessa e nell’amore.

Dedicato a chi vive di silenzio

Di seguito alcuni passaggi tratti dal libro:
Prologo
Introduzione
Frammenti
In gabbia
Mia
Haydée

PROLOGO

Mi sveglio di soprassalto.
Il cuore mi galoppa nel petto, l’oscurità mi avvolge come un sudario.
A tentoni, cerco l’interruttore della lampada sul comodino.
Lo premo.
La luce mi abbaglia.
Il cuore sembra impazzito.
Cos’è stato quel botto?
Lancio un’occhiata all’orologio. E’ notte fonda, la una o giù di lì…
C’è stato un botto tremendo, poco fa.
E come mai mi sento così agitata?
Cos’è quest’ansia che mi attanaglia
Fin nei recessi più profondi del mio essere?
Ho bisogno di rassicurarmi, va tutto bene.
Avrai avuto un incubo, mi dico.
Emetto un suono con la gola, mi schiarisco la voce.
La voce?
La voce …
Con un moto di panico mi accorgo che c’è qualcosa che non va,
ma non attorno a me, bensì
dentro.
Riprovo.
Questa volta un po’ più forte, mi schiarisco di nuovo la voce.
Niente da fare.
Allora pronuncio qualche vocale, poi qualche parole.
E precipito
Nell’abisso.
Mi sento soffocare, mi manca l’aria.
Inizio a piangere in modo convulso, squassata, paralizzata
Dal terrore di ciò che mi sta accadendo.
E quel botto?
Non l’ho udito.
Non so cosa sia stato, ma non l’ho udito.
E’ una realtà atroce e crudele
Quella che mi si apre davanti:
non sento, non ci sento più,
sono diventata completamente sorda!

Paura.
Una paura gelida si è impadronita di me; ci vivo, ci
Sguazzo.
La mia vita è finita.
Finita!
Niente ha più senso,
io non ho più senso.
Cosa c’è oltre questo?
Niente.
All’età di vent’anni sono sorda e morta!
Spegnete tutto.
Voglio morire.

 

INTRODUZIONE
Dio.
Al silenzio
Hai negato
La parola
Per renderlo
Profondo.
(Gaetano Camillo)

Vi siete mai chiesti cosa significhi non sentire? Non udire?
Io non me la sono mai posta, questa domanda, perché… non so perché, riflettendoci ora mi appare una cosa tremendamente egoistica. Semplicemente non ci ho mai pensato, ho sempre dato per scontato il fatto di sentire, per me era normale, quasi un dovere. E quando ho scoperto il mondo della sordità non era più il caso di farsi domande; era già tempo di cercare risposte. E ne ho trovate tante e ancora ne cerco, non finirò mai di volerne di nuove. Però ripenso a quel periodo della vita in cui vivevo beatamente nell’universo dei suoni e delle voci e mi chiedo: ci sarà qualcuno che si domanda cosa si possa provare a perdere qualcosa che ci appare normale avere? E se provassi a spiegarglielo in qualche modo?
Ma come scrivere di questo senza lasciarsi andare all’autocommiserazione, senza farsi travolgere dai ricordi e influenzare dalla rabbia e dal dolore? Come fare per cercare di aprire questo mondo a chi non lo conosce, senza cadere in un’autobiografia ed evitando di dare l’impressione di voler insegnare qualcosa? Eppure è ciò che vorrei cercare di fare, almeno in parte.
Credo che ad ognuno di noi, nella vita, sia riservato un istante di eternità. Un momento nel quale, se riesci a coglierlo, capisci mille cose, come se un tocco magico ti avesse accarezzato. Una di queste cose, una delle più belle che si possano imparare, è il coraggio. Il coraggio di continuare a d essere se stessi nonostante gli scossoni che la vita ci riserva, il coraggio di rialzarsi dopo una caduta. Il coraggio di vivere con il sorriso nel cuore. E nell’anima.
Questa è una storia di fantasia e di sentimenti veri, io ne sarò la protagonista reale e immaginaria. Perchè ho capito che è proprio vero che quando si chiude una porta se ne apre un’altra, e cosa può esserci di più bello di una porta che si apre sull’amore? Non solo l’amore tra due persone, ma l’amore totale per la vita, quello che ci dà tutte le risposte.

…..

FRAMMENTI

… non sento, non sento nulla! Mi sembra di avere i tappi nelle orecchie, oppure di essere ad alta quota … solo che quando mi tappo il naso e soffio non succede niente, continuo a non sentire …
Ora non posso uscire e nemmeno parlare al telefono. Non posso nemmeno parlare coi miei, non ci capisco un’acca  di quello che dicono! Oh Madonna, che situazione, mi scoppia la testa, ho voglia di urlare, di spaccare tutto! …
Mi ripetono le stesse cose mille volte e non riesco a capire! Non capisco niente, è impossibile leggere le labbra! Comunichiamo a gesti, cioè io parlo e loro cercano di farsi capire così. Non mi sono mai sentita così sola e sperduta … mi sembra di essere scesa dal mondo!…  e se l’udito non dovesse tornarmi? Se restassi sorda? Non so che fare, ho un’ansia dentro …
Ho un inferno dentro e nessuno se ne accorge. Ciò che mi sostiene è la speranza che tutto torni alla normalità … l’idea di non poter sentire mai più non la formulo nemmeno, la rifiuto consciamente e inconsciamente…
Gli altri non se ne accorgono che non senti, cioè non lo vedono, ma io me ne accorgo sì, eccome! Niente è più come prima, ho l’impressione di non essere più me stessa … cammino e mi sembra di avere la testa piena di ovatta, parlo e mi sento ridicola perché non ho idea dei suoni che sto emettendo, cioè, so com’è la mia voce ma parlare senza udirla mi mette in una confusione indescrivibile. Per non parlare poi di tutti gli altri rumori che produco, che so di produrre, come grattarmi, tirare su col naso, battere le mani, spazzolarmi i capelli … può sembrare stupido invece per me è inquietante… soffoco nella solitudine …
Non mi ero mai resa conto dell’importanza del mondo dei suoni. Non è solo esterno, è dentro di noi, fa parte della vita, ci condiziona continuamente. Immagino che per una persona che nasce sorda sia diverso, ma per me che ho  perso di schianto tutto quel mondo, è l’abisso! No faccio che chiedermi se ci sarà un futuro per me. Se c’è, io non lo vedo .
… devo rialzarmi da sola. Gli altri possono confortarmi, ma non capiranno mai quello che sta accadendo dentro di me. E io non posso spiegarglielo con le parole! Loro vedono un “problema” mentre per me è una rivoluzione! Mi trovo catapultata in una realtà che neanche pensavo potesse esistere, tutte le mie certezze, i miei sogni, i miei progetti, tutto finito, la mia esistenza è cambiata per sempre!

IN GABBIA

a distanza di qualche anno, sento di poter finalmente buttar fuori i miei pensieri e le mie emozioni: ma la gabbia del silenzio è diventata la mia casa; ogni giorno scopro una stanza nuova, inesplorata … non so se riuscirò a far capire com’è cambiata la mia vita, ma è questo lo scopo principale del mio racconto: aprire una porta su un mondo invisibile, la prigione del silenzio.
… ho vissuto i primi tempi da persona sorda in maniera negativa, ero insofferente e continuamente pensavo che la mia fosse una situazione provvisoria. No mi curavo quindi di fare qualcosa di costruttivo per me stessa, di fare qualcosa per vivere bene nel silenzio. Per dirla tutta, non esisteva proprio l’idea che nel silenzio fosse possibile vivere! … rifiutavo di fare “il salto”, cioè di prendere atto che non sarei mai stata più quella di un tempo … inizialmente guardavo solo la situazione a livelli, come dire, pratici. Il risvolto psicologico era ancora nascosto, ero io stessa ad evitarlo. Ma ho potuto farlo per poco. Infatti il mondo intorno a me premeva per farmi scoprire ogni lato del mio uovo stato, del mio handicap … alla fine ho dovuto cedere, rendermi conto della realtà e iniziare a soffrire come si deve…
… e tornano i ricordi più belli, che si trasformano in quelli più dolorosi. Melodie indimenticabili e ormai inutili … anche se, come ho già detto, quella della musica non è stata la rinuncia più grande che ho dovuto fare, il non poterla più ascoltare è un dolore che non si esaurisce mai. Non mi ero mai resa conto di quanta parte avesse la musica nella mia vita. Mi tornano alla mente le parole di Eros … Musica é … un mondo senza musica non si può neanche immaginare … Io ci vivo in un mondo senza musica…
Eravamo ancora tutti seduti a tavola, quando improvvisamente sono stata colta da una delle mie “crisi”… “Non è colpa di nessuno se non sento più. Non è colpa vostra né mia, né dei medici, né di Dio. E’ successo e basta … e’ la vita…”  “ma noi faremo di tutto, per te, per evitarti questa sofferenza  …. “ …
Ecco dove sta il problema: i miei genitori sono ancora al punto di volermi evitare un dolore, ma non si può proteggere nessuno dal dolore. Specialmente se questo dolore è già entrato in scena. … “ Noi cerchiamo sempre di immaginare come stai tu, nella tua nuova condizione, ma questo pensiero è così terribile …”
… io ho un problema che si riflette sulla mia famiglia e sulle persone che mi stanno intorno. Questo problema condiziona fortemente la mia vita, diciamo pure che la sconvolge in tutto e altera i miei rapporti con gli altri. Nel caso dei miei familiari, essi soffrono per me. Io, dal canto mio, soffro sia per l’handicap che per il dolore che esso causa intorno a me. Insomma, è un diabolico circolo vizioso. C’è una via d’uscita? …  “ … cosa si prova a non sentire nulla?” “Quel che si prova, ma’, è indescrivibile. Ogni giorno è una scoperta, come se pescassi dentro di te tante matassine e le srotolassi una per una, scoprendo ogni volta un colore diverso, una consistenza diversa … ma la cosa più grande è la solitudine. Io sono sola, mamma, nel mio mondo fatto di silenzio. E’ come un muro invisibile che mi circonda, un muro che non si può abbattere. Io non vi accuso di niente … ma vi prego, non lasciate che il muro di silenzio che ci separa diventi la mia prigione. Non appiccicateci su la vostra sofferenza, un pezzetto ogni giorno, perché altrimenti finireste col non vedermi più. Io sono lì, al di là del muro, quel muro indistruttibile. Ma non posso né devo distruggerlo; devo imparare a guardarci attraverso. Anche voi dovete imparare a guardare attraverso il muro, a soffrire non per me ma con me …”
… osservo la mia famiglia seduta intorno al tavolo … è proprio in queste occasioni che risento della mia diversità. Il non sentire, in questi casi, è proprio brutto, mi limita. Non posso seguire un discorso, mi sento completamente tagliata fuori. So che devo imparare a superare queste cose ma è tanto difficile. Istintivamente penso che non sono sicuramente l’unica persona sorda al mondo, non ne conosco ancora delle altre, ma devono pur esserci! Come se la cavano loro? …
… fa rabbia quando, durante una conversazione tra più persone, domando “cosa dite?” e mi rispondono “lascia perdere, non è importante”. Che cavolo significa, che con me si possono fare solo discorsi importanti? e se avessi voglia di una barzelletta? Ho perso il diritto di scegliere se qualcosa può interessarmi o meno?… più di una volta ho fatto presente che più gente ho intorno e più mi sento sola ma penso che ognuno abbia interpretato a modo suo questa rase perché non è cambiato niente. Continuano a non coinvolgermi nei loro discorsi. Lo so che deve essere una pizza ripetere magari più volte le stesse cose o parlare articolando meglio o rivolgersi con il viso verso di me … ma cosa credono, che per me sia divertente dover leggere le labbra di tutti nella speranza di acchiappare al volo qualche frase? .. le informazioni mi volano intorno continuamente ma io non le posso cogliere… vogliono aiutarmi ma nessuno mi ha mai chiesto che tipo di aiuto vorrei. … a volte si pensa che a una persona che ha un problema bisogni dare chissà che e si perde di vista la cosa più importante: lei. Magari è triste e per farla sorridere le si regalerebbe il mondo intero, invece a lei basterebbe un sorriso…
… caro dottore … da quando sono diventata sorda mi trovo confrontata con alcuni problemi. Il più grave è la grossa difficoltà nel comunicare. Dal momento che la sordità non è visibile, spesso e volentieri le persone tendono ad ignorarla o a dimenticarsene …  è frustrante partecipare ad un incontro come quello che è avvenuto oggi tra noi e mio padre, essendo consapevoli di essere l’argomento principale della conversazione, senza non solo non potervi partecipare, ma non capendo nulla di quanto viene detto. Non è importante l’argomento del discorso … forse oggi nel salutarci si sarà accorto della mia freddezza e della mia irritazione e perciò vorrei porgerle le mie scuse. .. ho voluto provare ad esporle una parte di me che non è sempre facile intuire, la mia parte emotiva, invisibile … un’altra cosa che vorrei tentare di chiarirle è il mio assoluto rifiuto della protesi acustica. In queste settimane l’apparecchio non l’ho mai messo, dal momento che non ne traggo alcun beneficio ma, anzi, mi provoca fastidio. Comunque sono contenta di aver provato. Ora mi sono abituata, diciamo, alla mia sordità e anche se potessi, con la protesi, riacquistare qualche briciola uditiva, mi accorgo che non riesco ad accettare il compromesso “meglio che niente”. Nel mio caso … è meglio niente.

MIA

.. come si fa ad uscire da una prigione che ti incatena l’anima? Ho provato a paragonare la mia anima ad un piccolo animaletto rinchiuso in una gabbia. Nel mio caso la gabbia è la sordità … ma cosa succede se noi apriamo la gabbia? … si precipiterà alla porta, qualunque cosa ci sia al di là. Di questo avevo bisogno, di una via d’uscita. Non per ritrovare l’udito …. per ritrovare me stessa, per capire che avevo ancora una vita da vivere e che non valeva meno perché ero sorda… fortunatamente non avevo perso il “vizio” di leggere, anzi questa passione era diventata un’ancora di salvezza per me. Presi a leggere in modo quasi ossessivo, immergendomi nei libri come per sfuggire ai miei pensieri. Tentai di leggere anche delle riviste, ma non mi piacevano … un giorno però … non immaginavo certo che ben presto quella dei fotoromanzi sarebbe diventata una grande passione. E, più di ogni altra cosa, non immaginavo il dono immenso che avrei ricevuto grazie a questa passione. Fu infatti così che conobbi Mia.
Mia, una porta sul mondo. Il mondo dentro di me che è sbocciato come un fiore dalle ceneri della sofferenza.
Mi chiamo Mia, ho 18 anni e non sento. Quella frase mi colpì come una folata di vento …  “Cara Mia, chi ti scrive è una ragazza come te. Sì, proprio come te. Mi chiamo Haydée, ho 20 anni . E … anche io non sento ….
… da qualche parte c’è qualcuno con cui condividere veramente le gioie, con cui parlare senza doversi continuamente spiegare, sapendo di essere immediatamente capita …
… il legame che ci unisce è più forte del silenzio che paradossalmente unisce le nostre esistenze. Il silenzio non è più quello che era perchè adesso ne sentiamo la voce, siamo noi, Mia e Haydée, che lasciamo parlare i nostri cuori. Ed è così che ognuna diventa per l’altra un’isola di luce, di allegria e saggezza sulla quale possiamo rifugiarci con le nostre scoperte, i nostri dubbi, le nostre speranze, sentendoci sempre bene accette, in qualsiasi momento della giornata (e della notte)ci venga voglia di mandarci un fax. E la nostra amicizia si srotola insieme alla carta …

HAYDEE

Libera l’amore
o liberatene per sempre.
Zucchero Fornaciari

Come ho potuto pensare che la mia vita fosse finita? Come ho potuto aspettare vent’anni prima di ringraziare Dio per avermi dato due occhi?
Non ti accorgi di vedere finché non puoi fare altro. Il mondo dei suoni a volte ti cala un velo davanti agli occhi.
Guardi il mare, ma ciò che ti coinvolge di più è il fruscio delle onde, lo stridere dei gabbiani, le voci dei bambini sulla spiaggia. Guardi le persone, ma spesso non dai importanza a certi loro gesti, a certe espressioni che dicono molto più delle parole.
Ora guardo il mare e mi emoziono per i riflessi delle nuvole sull’acqua, ascolto il ritmo delle onde sotto il canto del vento. Il vento, che mi abbraccia e mi asciuga le lacrime. Ora guardo le persone, leggo i loro sentimenti sui volti, capisco tante cose dai loro movimenti. Forse non capisco tutto ciò che dicono, eppure a volte comprendo cose di cui non parlano.
Ho scoperto una nuova gioia di vivere, di vivere davvero ogni cosa come fosse la prima volta.
Un udente difficilmente accetta questo pensiero senza dirsi che sto solo cercando di consolarmi. Per lui è difficile capire, per lui io posso solo soffrire e se sorrido è un sorriso finto. Per lui, se faccio qualcosa di positivo è un prodigio, come se ora non posso far altro che piangermi addosso. E quando lo faccio, cioè quando vengo presa dallo sconforto e davanti a lui il mio sorriso si spegne, si chiude, non sa più che fare. Eppure sarebbe così semplice! Come ci sono riuscita io, a sviluppare dentro di me questo incondizionato amore verso tutto e tutti, non potrebbe riuscirci anche lui? Basta fare un sorriso, non c’è bisogno di mille discorsi; l’anima non ha bisogno delle orecchie per sentire la voce del cuore.
E’ inutile affannarsi cercando la soluzione di un problema. Non esistono soluzioni, perchè non sentire non è un problema, è un modo d’essere. Questa mia nuova condizione ha dato un senso nuovo alla mia vita; è come se fossi rinata, come se rinascessi ogni giorno, ogni volta che scopro qualcosa di nuovo. Certo che soffro, ma la sofferenza mi fa sentire viva. A volte, vale la pena di soffrire, se in cambio poi, riusciamo ad essere felici anche con le piccole cose. Quando poi non si tratta di piccole, ma di grandi cose, bè … fate un po’ voi.